La vita emotiva che ruolo occupa nell’attuale società?
Nei lunghi dibattiti televisivi in cui si parla di tutto e tutti, anche in maniera petulante, la sfera emotiva, o più precisamente il legame sociale, non è al centro dell’attenzione. Ed è strano, dal momento che la vita dell’uomo comincia proprio da qui. Forse non si dà molta importanza a quest’argomento perché in una società come la nostra, che richiede capacità di adattamento, razionalità, autocontrollo, efficienza e freddezza, le emozioni non rivestono un ruolo decisivo. O forse perché prevale ancora il falso mito secondo cui esprimere i propri stati d’animo come tristezza, rabbia, paura, gioia, amore, vergogna, sia nocivo per il soggetto stesso e per coloro che lo circondano. Nella pseudociviltà del cinismo si rischia di risultare deboli mostrando le proprie “umane fragilità”.
Per una donna le emozioni sono preziose come il sangue, sono essenza vitale.
Lo stereotipo vuole che l’emozione per la donna sia vista come caratteriale, invece che situazionale e razionale come nell’uomo. Come donna mi pongo delle domande per cercare delle risposte concrete, per quanto mi è possibile.
Perché abbiamo paura di apparire come ci sentiamo realmente? Perché è così difficile dire ti voglio bene alle persone care? Perché continuiamo a negare a noi stessi che i legami interpersonali sono indispensabili per la realizzazione del sé? Perché il mondo non accetta chi vive delle proprie emozioni? E perché non accetta chi non ha paura di mostrarle agli altri?
Sono molti i motivi che utilizziamo e ci costringono a reprimere i moti dell’animo e una causa potrebbe essere riscontrata proprio nel contesto sociale o nella nostra soggettività, perché subentra l’orgoglio.
La domanda forse più frequente è: come fare ad esprimere le emozioni quando ognuno di noi non ha raggiunto le vette più alte della propria autorealizzazione? Ma poi è davvero questo che ci impedisce di farlo o è la paura di vivere appieno la vita, con le nostre lacrime e i nostri sorrisi?
Innanzitutto è opportuno chiarire cosa sia il legame sociale e perché è così importante. Si parla di un meccanismo biologico che ci predispone a ricercare il contatto e l’azione con gli altri, quindi a creare un forte legame di dipendenza fra i singoli individui e il gruppo di appartenenza, un bisogno di socialità, definito in questo caso come bisogno di affiliazione, che fa cercare appunto la compagnia degli altri per attenuare l’ansia o la paura, per sfuggire alla noia, per far parte di un gruppo e di essere infine socialmente riconosciuti. Eppure l’argomento in atto non è rivolto agli altri ma noi stessi. Abraham Maslow, fondatore della psicologia umanistica sosteneva che le persone sono spesso limitate nelle loro aspirazioni dalle necessità primarie, di conseguenza non riescono a far emergere e soddisfare i bisogni superiori come la stima e la realizzazione di sé. Uno dei motivi che ci limita potrebbe essere riscontrato in questa “insoddisfazione personale”. Il problema comunque resta, nonostante l’emozione occupi uno spazio importante della nostra interiorità, il nostro universo esperienziale. Probabilmente è proprio perché non siamo disposti a essere noi stessi in qualunque situazione che preferiamo occultare tutto ciò che può danneggiarci, sensazioni comprese.
Fatto sta che le emozioni sono elementi essenziali. Non sono semplici sottoprodotti della vita fisio-psicologica dell’individuo, come vogliono farci credere, bensì il prodotto di un particolare contesto e di un’intelligenza emotiva che aumenta la capacità di empatia, di cooperazione e soprattutto consente di costruire legami sociali duraturi. Non basta; non dobbiamo soltanto chiederci che ruolo occupa la vita emotiva nell’attuale contesto sociale. Bisogna chiedersi che ruolo occupa per noi, con una sana introspezione. Le emozioni sono il nostro arcobaleno, le uniche in grado di cancellare quel grigiore che continua ad avvolgerci e che tutti dovremo finalmente abolire.
Elena Lombardi
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