Ricci verdi e dischiusi di Cesira Donatelli
Guardo e non una sola volta al giorno, il castagno grande che veglia sui tetti del mio quartiere, è lì da sempre e talmente è alto che si fa scorgere quasi da tutte le strade del paese. La sua chioma si presenta folta, arrotondata, come se delle forbici l’avessero armonizzata.
Tronco lungo a tratti filiforme, tanto da indurmi, ingenuamente a supporre, che lui questa quarantena la stia fronteggiando con la determinazione di chi non vuol rinunciare alla propria forma fisica, mirando all’approssimarsi di una sfilata di riscatto, liberatoria.
A furia di osservarlo, ormai da troppi e tanti giorni, mi sovvengono pensieri e metafore meno frivole. Il suo tronco, in realtà, a differenza della sommità è rivestito da pochi rami, qualcuno sembra protendere verso il suolo, pur non dovendo sopportare un carico eccessivo. Non nego che timidamente stia accennando ad una fioritura.
Parte delle sue radici, le più robuste e lunghe sono lignificate al terreno, plastificate con esso, tanto da far trapelare una buona sintonia, altre ne fuoriescono, sono ruvide, lesionate, non sempre sottili, somiglianti alle varici di una donna avanti negli anni, che ha conosciuto le fatiche dei campi, le privazioni e la guerra. Una donna o un uomo come tanti che non hanno potuto, sempre, ricorrere alle cure necessarie e spesso si sono trascinati per i propri figli, per il bene di una terra, non improbabile per il futuro di una Patria.
Ebbene questo castagno, che è appartenuto alla mia infanzia, nitidi mi sovvengono i ricordi di quando, non più alta di un soldo di cacio, lesta nei sandaletti blu con i due occhielli, che mettevano in mostra i calzettoni bianchi e forati, come fossero centrini fatti all’uncinetto, mi portavo sotto la sua ombra, cercando uno scorcio di cielo, mi ero convinta che arrivasse sin al cielo e parlasse con gli angeli.
La donna adulta che lo guarda oggi, lo vede quasi spoglio, interrotto nei suoi sogni, nei suoi progetti, nei suoi affetti, osteggiato nel suo cammino, esposto a vento, a pioggia, a freddo, a calura e a silenzio. Ad ognuno dei rami rivolto verso Madre Terra destino una preghiera, mi par di donarla ad ognuna, delle ingiuste, vittime di questo demonio che non ha volto e continua a mietere in terre che non ha mai né vangato, né calpestato, né riempito di canti.
Lo scorso autunno, come tutti quelli di cui ho memoria, ai piedi del castagno grande, vi erano ricci verdi dischiusi, che mostravano una castagna selvatica, sfacciata e lucida, quasi lanciasse una sfida a chi osava metterle gli occhi addosso. Tornerà l’autunno, con esso i ricci e le castagne, non lasciamo senza memoria e senza preghiera i rami che si sono piegati e spezzati.
Cesira Donatelli
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