Fratelli di Sangue e di Terra – di Cesira Donatelli
Un nuovo giorno si è issato, sventola fiero e dignitoso, tu, cara la mia rosa, l’hai atteso rigogliosa con tenacia e caparbia. In questo tempo del tempo mi sono trovata a pensarti, a chiedermi se ancora esistessi. Ti ho trovata lì, come nulla fosse, come se tutto questo tuonante silenzio tu non lo vivessi.
Pensavo non mi rivolgessi parola, tant’è che ero pronta a scusarmi con te. Ti avevo abbandonata all’inizio dell’inverno, che poi inverno forse non è mai stato, quasi a volerci preannunciare che il freddo e il vento sarebbero arrivati fuori stagione.
Pensandoti umana e non creatura superiore, pur volendoti ancora immaginare in quel vaso di cemento muto, non mi aspettavo certo di trovarti abbigliata di speranza e di passione. Decine e decine di piccole foglioline verdi, avvinghiate al tuo gambo, come figlie intorno alla gonna di una madre, di quel verde che simboleggia perseveranza, quasi narrante di una conoscenza superiore, ognuna dal contorno intagliato, con venature a vista, mi sovvieni donatrice.
Le tue figlie, seppur minute, sono amorevoli e rassicuranti, tanto che i primi boccioli di un rosso vermiglio, vengono alla luce sicuri, non avvertono malanno o peste.
Mentre il paese tace, spaventato, insicuro commosso e pregante, tu mi appari come il possibile, come il miracolo che ci renderà “fratelli di sangue e di terra“, come rondini, che seppur infreddolite, non hanno abbandonato i campanili, che per un fato cieco e accanito danno rintocchi solitari e di pianto.
Attenderai insieme a me il calar della sera, per dirle che abbiamo inondato il giorno di un sentimento candido e semplice che si chiama Speranza, lei saprà infonderlo in ogni creatura.
Cesira Donatelli
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