L’albero di fichi senza frutti, chi sbaglia può convertirsi o verrà “tagliato”
Rimaniamo meravigliati leggendo il racconto della chiamata e della missione di Mosè (I Lettura). Nel suo peregrinare di pastore, Mosè arriva al monte di Dio, l’Oreb (“il tenebroso”). Attraverso la fiamma del roveto Dio si manifesta a Mosè. A lui rivela il suo nome: Jahvè, che significa: «Io sono colui che sono». Dio non è un idolo, ma si rivela come Dio vivo, sempre vicino e presente in mezzo al suo popolo. Dio invia Mosè a liberare gli Israeliti dalle sofferenze della schiavitù egiziana. È una missione che supera le forze umane. Paolo (II Lettura) rievoca il cammino degli Ebrei nel deserto, quando il popolo ricevette tutti i doni necessari alla vita, l’acqua e la manna. Questi, come figure del Battesimo e dell’Eucaristia, indicavano già un rapporto con Gesù Cristo.
Il Vangelo ci aiuta a comprendere il significato di incidenti tragici e morti violente. La parabola dell’albero di fichi senza frutti ci invita ad abbandonare la convinzione che alla colpa segua il castigo e non sia possibile il perdono. Chi sbaglia può rinnovarsi e cambiare. Dio è paziente, ma il tempo di cui disponiamo per convertirci è breve. Approfittiamo del «momento favorevole» della Quaresima!
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
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