Alfedena, gesto virtuoso di un richiedente asilo: trova il denaro e lo restituisce al proprietario
Spesso si è portati a giudicare le persone sulla base di pregiudizi e si tende a generalizzare affidandoci a ragionamenti che non hanno nulla di fondato. Come accade soprattutto quando si è davanti a persone che non hanno avuto la fortuna di nascere in Paesi dove sono garantite condizioni accettabili e la propria vita è messa ogni giorno a dura prova da conflitti senza fine e da problemi economici che non consentono un’esistenza dignitosa, ragion per cui i giovani sono spinti a cercare altrove un po’ di benessere. Infatti tante volte si finisce per assimilare la gente onesta a coloro che, invece, a prescindere dal colore della pelle e dalla provenienza, ricorrono a qualsiasi mezzo, spesso anche illegale per soddisfare le proprie esigenze, causando dei danni al prossimo.
Mi sia consentito questo preambolo per invitare le persone più ciniche e scettiche ad avere una visione che tenga conto dei singoli casi, senza fare di tutta l’erba un fascio, soprattutto senza dare giudizi affrettati, rispettando le diversità e cercando di non trarre sempre delle conclusioni che tengano conto soltanto del punto di vista personale.
A sostegno della mia tesi vorrei riportare come esempio l’azione di un migrante che spontaneamente ha restituito del denaro trovato casualmente al legittimo proprietario. L’episodio è accaduto ad Alfedena presso il centro di accoglienza “Hotel Katia”, una struttura che ospita circa cinquanta giovani, di diversa etnia, che hanno presentato la domanda d’asilo.
L’antefatto vuole che una donna anziana rimasta da poco vedova, la quale preferisce rimanere anonima, abbia fatto dono di abiti appartenuti al marito al centro perché, essendo ancora in buono stato, potessero tornare utili a qualcuno. Non essendo il materiale destinato a taluno in particolare chiunque avrebbe potuto prendere il capo d’abbigliamento secondo il proprio bisogno.
A questo punto il caso ha voluto che Hassan Rakibul, un ragazzo bengalese da due anni in Italia e in attesa di ricevere una forma di protezione che gli possa consentire di prorogare il permesso di soggiorno, svincolandosi dalla struttura e diventare autonomo, integrandosi e lavorando, abbia trovato nei “nuovi” pantaloni sessanta euro, l’equivalente circa del pocket money, la “paghetta” che mensilmente gli ospiti ricevono per venire incontro alle loro esigenze primarie.
Rakibul, spinto dalla nobiltà d’animo che lo contraddistingue non ha pensato però di trattenere il denaro, ma ha aspettato che l’assistente sociale si recasse al centro per spiegargli quanto accaduto e consegnargli i soldi affinché li riportasse alla gentile signora, ignara di aver lasciato del denaro nei pantaloni e all’oscuro di tutto.
Bene ho voluto raccontare questo fatto, accaduto mentre in America non si fermano le sommosse per rivendicare la morte di un “afroamericano ucciso da un agente di polizia che ha soffocato l’uomo bloccandolo a terra e premendogli il collo con un ginocchio” (ANSA), nonostante l’uomo non abbia usato violenza e continuava a dire “Lasciatemi, non riesco a respirare….”, per ribadire come, a volte modelli discriminatori possano degenerare, mentre sarebbe più saggio un comportamento che porti chi è stato preposto a mantenere l’ordine ad adottare le giuste misure, ma allo tesso tempo ad avere più rispetto per gli uomini e le donne di tutto il mondo.
Del resto anche il Papa ogni giorno ci richiama al dovere cristiano dell’accoglienza e della solidarietà.
Piergiorgio Rocci
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